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Chi ho inseguito?

Ciao a tutti, siamo quelli della 3^ B e ci piace scrivere racconti, questa volta ci siamo cimentati con il genere fantastico, questo è quello più gettonato.

Buona lettura a tutti!

Siamo tre fratelli di nome Luke, Margot e Alexa. I nostri genitori biologici non li conoscemmo mai. Eravamo solo dei neonati quando io e le mie sorelle Alexa e Margot venimmo affidati ad un orfanotrofio della zona vicino Jacksonville. Lì trascorremmo circa quattro anni della nostra vita. Alla fine però qualcuno ci venne a prendere, erano due coniugi che non potevano avere figli.

Dal primo incontro, mi accorsi subito che erano dolci e che avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di renderci felici. E’ stato un onore conoscerli e tuttora facciamo qualunque cosa insieme, specialmente le mie sorelle con mia madre perché, si sa, tra donne ci si consiglia sempre. E io beh… Faccio la stessa cosa con mio padre, parliamo di tutto e lui, a volte, mi dà dei consigli su come far colpo sulle ragazze. Mi ha raccontato che, per conquistare mia madre, ha messo in atto le sue migliori tecniche di seduzione.

Ormai, però, io e le mie sorelle abbiamo venti anni e siamo abbastanza grandi da poter comprare una casa tutta nostra da mantenere con il lavoro da assistente manager che ho trovato da poco.

Oggi è sabato e per questo abbiamo deciso di andare in una discoteca  a Jacksonville Beach, qui ci divertiamo come pazzi e facciamo molte amicizie, per concludere al meglio la serata partecipiamo ad una gara; chi beve più drink, vince. Ormai la serata si sta concludendo, sono quasi le 03:00 ed è ora di tornare a casa; quando entriamo in macchina, Margot mi chiede di accendere la radio a tutto volume e quindi l’accontento. Mettiamo David Guetta, Eminem e altri famosissimi cantanti.

Mentre sto guidando, si affianca una macchina che accelera e rallenta come se volesse fare una gara di corsa, così io accetto perché mi piacciono molto le sfide. Lui corre avanti, io lo  raggiungo poi decido di aumentare la velocità per finirla una volta per tutte. Vado a quasi 150 km/h, mentre corro guardo dallo specchietto per vedere se lui arriva; non lo avessi mai fatto, per fare questa azione, non mi accorgo che da lì a pochi secondi ci saremmo schiantati con una macchina che veniva di fronte, cerco di scansarla, ma lo scontro è fatale. Le ultime parole che ricordo di aver detto sono state: “Ragazze se non ce la dovessi fare, sappiate che vi voglio bene e ve ne vorrò sempre”-“ Fratello non dire così perché tu ce la  farai”. Queste sono state le nostre ultime parole prima dell’incidente. “BOOM” sbatto la testa molto forte contro il manubrio, perdo molto sangue, sento il suono delle sirene e una persona che mi chiede come sto, ma io non riesco a parlare, mi sento sempre più debole, alla fine chiudo gli occhi e svengo.

Quando mi sveglio, mi ritrovo in un posto a me sconosciuto, forse un ospedale. Rimango cosi, un po’ spaesato, non capisco, quando all’improvviso entra un dottore dall’aspetto terribile, con una barba bianca lunga fino al petto e gli occhi che sembrano rossi, era bianco cadaverico. Forse ero io che non ci vedevo bene. Lui mi si avvicina e dice: -Come si sente signor Smith? -Male, mi sento molto male, dove mi trovo, spiegatemi cos’è successo, non ricordo niente. -Si calmi, adesso le spiegherò tutto. Lei è svenuto ed è stato trasportato qui  in coma farmacologico, era veramente grave, ha perso molto sangue dalla testa. In coma c’è restato per circa quindici giorni fino ad oggi-.

-Non riesco a muovere la gamba, mi fa malissimo-.

-Non si muova, la gamba le fa male perché il vetro del finestrino si è rotto e un pezzo è finito nella sua gamba. A breve, quando si rimetterà, dovrà fare la riabilitazione, è un miracolo che lei sia ancora vivo-. -Adesso questo non importa-.

-Le mie sorelle Margot e Alexa Smith, adesso dove sono, posso vederle?- -Dunque… Mi dispiace, ma non può vederle perché sono state trasportate d’urgenza in un altro ospedale, qui non avevamo i mezzi necessari per curarle-.

-Lei sa come si chiama?-

-No, mi dispiace-.

-Dottore, non mi siete per niente d’aiuto-.

I giorni passano, io faccio la riabilitazione e a poco a poco mi rimetto, pensando sempre a come stessero le mie sorelle. Circa due settimane dopo, esco dall’ospedale. Ripensandoci, le parole del dottore non mi convincevano affatto. Così consumato dal dubbio, chiamo tutti gli ospedali della zona, chiedendo se lì fossero ricoverate due ragazze di nome Margot e Alexa Smith, ma niente da fare. Come mai le mie sorelle non erano in nessuno degli ospedali che ho chiamato? Perché il dottore mi ha ingannato?  Torno a casa, prendo il mio portatile e comincio a smanettare cercando di entrare negli archivi dell’ospedale. Dopo tanta fatica e grazie alle mie abilità da hacheratore, sono riuscito ad entrare. Giro e rigiro fino a quando non leggo una notizia sconvolgente. Clicco sulla cartella dei deceduti e leggo che le mie sorelle sono morte il 31 luglio del 2014, lo stesso giorno in cui è avvenuto l’incidente cioè il 31 luglio 2015, ma un anno prima. Questo significa che io per un anno intero ho parlato con dei fantasmi? Mi sveglio di scatto, tutto sudato con la pelle d’oca che mi pervade il corpo, mi alzo dal letto e corro verso le loro camere ma non ci sono, al loro posto trovo due pezzi di carta  uguali con su scritto: “I sogni si possono realizzare”.  Ma la carta intorno era come bruciata. Che fine hanno fatto le mie sorelle? Perché quel biglietto? Prendo subito la macchina e vado prima nei posti che di solito frequentavamo, ma non le trovo in nessuno di questi. Poi però mi viene in mente un posto… La discoteca di Jacksonville Beach. Subito mi reco alla discoteca, loro per fortuna erano lì,  stavano parlando tranquillamente, così spengo il motore dell’auto e le raggiungo correndo, gridando i loro nomi -Alexa, Margot cosa ci fate lì?-. Appena mi vedono, si tuffano in acqua, sento un brivido  freddo che attraversa tutto il mio corpo e, senza pensarci due volte, mi tuffo anch’io in mare.

Sono immerse e dietro di loro c’è una luce bianca accecante, mi salutano, ma più io mi avvicinavo più loro si allontanano. Oltrepassano quella luce e all’improvviso scompaiono, penso che sia un’allucinazione, torno in macchina e, quando mi giro, me le ritrovo dentro: -Luke, accendi quella cavolo di radio è da mezz’ora che te lo chiedo e poi cosa ti è preso, hai frenato di colpo e ti sei tuffato in mare, ma ti senti bene?- Mi dice Margot. -Luke, cosa ti prende, sei molto strano?!- Dice Alexa. -Ma come?! Voi non vi eravate tuffate in mare? E non avete oltrepassato quella luce così accecante da far diventare quasi ciechi?  Oggi non avete trascorso la notte a casa, voi non eravate morte? -Ma che dici Luke?!- Quella botta alla testa che hai preso nell’incidente ti ha causato veri problemi- dice Margot. Non dissi una parola, ma nella mia testa mi chiesi: –ma allora chi ho inseguito prima? Tutto questo è realmente accaduto?-.

 THE END

Miryam Lattarulo, Martina Scopece

Classe III B