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I finalisti del Concorso: “Vi racconto una fiaba…”

Nell’ambito del progetto sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, le classi I A, I B, I D, I E, I F, I G hanno partecipato a diverse iniziative per ampliare la conoscenza e la consapevolezza dei diritti dei più piccoli, per diffondere i principi della Convenzione e per impegnarsi, a scuola e fuori dalla scuola, a difenderli e metterli in pratica. Quest’anno, il tema dei diritti dei bambini è stato sviluppato attraverso un percorso imperniato sulle fiabe. E’ stato indetto anche un concorso di scrittura creativa: “Vi racconto una fiaba…”. Gli alunni delle classi partecipanti sono stati invitati a produrre una fiaba sui diritti affrontati. I finalisti sono stati premiati con un piccolo dono ed è stato consegnato loro un attestato.

Queste sono le fiabe dei sei finalisti. Complimenti!

 

L’AVVENTURA DI KATE  di Diomede Ludovica,  classe I A

In una famiglia c’era una ragazzina ribelle che pensava solo a fare scherzi inutili, a non impegnarsi a migliorare il suo comportamento e ad infrangere tutte le regole che le venivano date, finché un giorno i suoi genitori le fecero un serio discorso: “Non puoi continuare così, ti devi impegnare per assomigliare di più a tua sorella Aurora!”.

In realtà la ragazza, di nome Kate, si comportava così perché era stanca di sentire sempre che Aurora era migliore di lei e che doveva somigliarle di più.

Inoltre, tutto ciò che la sorella chiedeva, le veniva sempre dato mentre a lei, che in tutta la sua vita desiderava solo un cagnolino, non veniva dato mai nulla nonostante la ricchezza della famiglia.

Kate sentiva di non far parte della famiglia e pensava che senza di lei i suoi genitori e Aurora sarebbero stati meglio, allora decise di scappare.

Era una notte molto fresca, il cielo era illuminato da stelle bellissime, Kate era pronta: indossava dei pantaloni comodi, una giacca e aveva preparato una cesta piena di spuntini da sgranocchiare durante il suo viaggio. A quel punto la ragazza in punta di piedi fece capolino alla porta dei familiari, desiderava tanto abbracciarli, ma sgattaiolò lungo le scale e finalmente giunse alla porta, diede un’ultima occhiata alla sua casa e con grande tristezza si mise in cammino lungo il bosco. Per la notte decise di sostare sotto ad un albero con il suo sacco a pelo e si addormentò con il dolce suono del vento.

Giunse la mattina e Kate era un po’ infreddolita e già le mancava la sua famiglia, però lei doveva tirarsi su di morale, quindi si alzò e iniziò a cercare un posto dove alloggiare; quando, ad un certo punto, spuntò un tenero cagnolino che le disse: “Dove stai andando dolce fanciulla?”. E lei :”Non ci posso credere … Tu parli!!!”. Kate era sbalordita, ma subito le iniziò a piacere la situazione ed era felicissima perché finalmente il suo desiderio di avere un cucciolo si stava realizzando: “Perché non vieni con me alla ricerca di un posto dove alloggiare?”disse Kate al cucciolo. “Non posso, mi dispiace, sto cercando la mia padroncina!” e Kate rispose: “Come ti chiami piccolino?”, “Mi chiamo Spaik” e la ragazza esclamò: “Spaik posso aiutarti a trovare casa”” e lui : “Oh, grazie accetto volentieri” e i due si incamminarono. Cammina, cammina giunsero davanti ad un castello stupefacente con un giardino enorme, i due entrarono e Skaip disse: ” E’ questa casa mia!”. “Davvero Skaip, ma è bellissima!” esclamò Kate con entusiasmo e il cucciolo ribattè: “Dato che non hai una casa, puoi stare con me, se vuoi!”. Kate all’idea era felicissima ed accettò.

I due bussarono alle porte che si aprirono magicamente da sole e ad accoglierli c’era una deliziosa fatina di nome Mia che appena vide i due chiamò la mamma, anch’ella fatina, e le disse:  “Mamma, che bello! Skaip è tornato e ho anche una sorella!”. Subito Kate venne trattata come una vera componente della famiglia… La mamma le preparava pranzetti magici, squisiti, il papà accompagnava le due dove volevano con il suo tappeto volante, Mia che era più piccola di Kate le insegnava i suoi incantesimi e l’ammirava come sorella maggiore.

Kate era finalmente felice, ma allo stesso tempo triste perché si chiedeva come mai la sua famiglia non si comportava come quella che l’aveva ospitata.

Passarono settimane e Kate si affezionava sempre più alla nuova famiglia, ma arrivò un bruttissimo giorno per Mia, perché Kate aveva deciso di tornare a casa… sì, ma a quella vera. Si salutarono tutti e Mia quasi non ci credeva e non voleva distaccarsi da Kate e allo stesso Kate da Mia, ma non si poteva continuare così allora Kate, accompagnata da Spaik, tornò a casa. Finalmente un primo desiderio si era avverato, Kate aveva un cucciolo… Spaik le era stato regalato dalla fatina MIA.

Kate aprì la porta e la madre, con grande gioia, le andò incontro insieme a tutta la famiglia, la madre disse: “Ho ritrovato la figlia che credevo di aver perso. Io e tuo padre abbiamo capito che in una famiglia ogni figlio ha diritto di essere se stesso, e ad essere amato per quello che è, perché proprio questo fa “famiglia”. Così si abbracciarono promettendosi di restare sempre uniti.

ASCOLTATECI… di Luca Turi, classe I B

Tanto tempo fa, in una villa lussuosa, viveva una famiglia formata da mamma, papà e due fratelli di nove e undici anni che si chiamavano rispettivamente Francesco e Giovanni. Avevano grandi privilegi: giochi, vestiti, una governante che si occupava solo di loro, ma erano infelici perché la mamma parlava poco con loro, mentre il papà era molto comprensivo. Giovanni, poiché più grande, era più infelice di Francesco anche perché aveva ascoltato un discorso fra i genitori in cui decidevano di separarsi e loro sarebbero rimasti a vivere con la mamma. Dopo averci pensato a lungo, Giovanni decise di parlare con la mamma per dirle che, se proprio dovevano vivere con un solo genitore, sceglievano il padre. La madre non ascoltò e Giovanni cercò tante altre volte di convincerla, ma senza risultato.

Un giorno, mentre passeggiava nel parco, una farfalla gli si posò sulla spalla e a Giovanni parve di sentire la sua voce che gli disse: “Credi sempre nei tuoi sogni e si realizzeranno!”. Giovanni tornò verso casa triste come sempre e quella sera, andando a letto, sentì i genitori dire che il giorno dopo sarebbero andati in tribunale per la separazione. All’ improvviso, gli venne una brillante idea: anche lui, di nascosto, sarebbe andato in tribunale!

La mattina dopo, finse di entrare in classe e subito dopo uscì per correre in tribunale. Quando arrivò, cercò i genitori e li trovò in un’ aula piena di giudici e avvocati e disse loro: “Ascoltate anche me! Mio fratello ed io vogliamo vivere con il nostro papà!”. Si fece silenzio nell’aula e uno dei giudici, con voce dolce, gli chiese come mai fosse arrivato fin là per dire la sua. Giovanni spiegò che aveva cercato in tutti i modi di essere ascoltato dalla mamma e, non essendoci riuscito, sperava che lui lo facesse. Il giudice lo ascoltò e decise che Giovanni e Francesco avrebbero vissuto per sempre con il loro papà.

 

BEN E LA FONTANA MAGICA di Noemi Erione, classe I D

Tanto tempo fa, in un paesino nascosto tra le vallate di una montagna c’era un bimbo di nome Ben, era il figlio di un contadino molto povero.

Ogni giorno, Ben andava dal panettiere per comprare del pane, ma era sempre molto triste poiché, per ritornare a casa, doveva attraversare la piazza e lì, puntualmente, c’erano dei bambini che lo guardavano con disprezzo e lo prendevano in giro per il suo aspetto. Lui soffriva molto a causa di questi comportamenti perché avrebbe voluto avere degli amici con cui giocare e non trascorrere le giornate da solo.

Un bel giorno, all’improvviso, tornato a casa, apparve nella sua camera un folletto che gli si avvicinò e gli chiese: “Che ci fai qui, tutto solo? Dovresti uscire fuori e giocare con gli altri bambini”. Ma Ben, sconsolato, gli rivelò, tra lacrime e singhiozzi, che non poteva divertirsi con gli altri poiché tutti lo deridevano a causa del suo aspetto. E il folletto, intenerito dalle lacrime di Ben, prontamente e, con una punta di soddisfazione, gli domandò: “Vorresti essere apprezzato da tutti?. “Certo, ma come faccio?” rispose, incuriosito, Ben. “Esiste una fonte magica, bevi un po’ di quell’acqua e sarai apprezzato da tutti. Tieni, ti consegno questa mappa magica che ti condurrà nel luogo esatto in cui si trova la fontana; ma, attenzione! Tanti ostacoli troverai lungo il cammino”.

Il ragazzo, così, iniziò a preparare una sacca e si allontanò da casa. Cammina cammina, giunse davanti all’ingresso di una grotta oscura e misteriosa dove una voce gracchiante gli disse che, per poter riempire un’ampolla con l’acqua della purezza, avrebbe dovuto superare tre prove. La prima prova consisteva nel far scappare un orso dal suo territorio. La seconda prova consisteva nel riuscire a non farsi catturare dai Troll dell’Inferno e, per superare la terza prova, avrebbe dovuto sconfiggere un drago e trovare l’uscita di un labirinto.

Ben non perse il suo coraggio. Grande era il desiderio di essere trattato come gli altri bambini, superò le tre prove con successo. La prima prova la superò allettando l’orso ad andare a vedere un lago di miele che era proprio dietro le montagne. La seconda prova venne superata grazie a una spada trovata lungo il cammino e che utilizzò per far fuggire i Troll. L’ultima prova la superò grazie alla sua astuzia poiché, nel momento in cui avvertiva che il drago si avvicinava, si nascondeva tra i cespugli del labirinto.

Quando, finalmente, raggiunse la fonte, riempì l’ampolla e, felice, ritornò a casa, bevve l’acqua della purezza tutta d’un fiato e, per collaudarla, andò di corsa in piazza e qui constatò, con gioia, che tutti volevano giocare con lui.

Dopo qualche giorno, il potere magico dell’acqua svanì, ma tutti continuarono a voler essere amici a Ben. Avevano capito una lezione molto importante: “Ciò che conta non è l’aspetto fisico, ma ciò che si ha nel cuore”. Tutti, finalmente, riuscirono a vedere la bellezza interiore di Ben che non era più solo, ma felice come ogni bimbo del mondo dovrebbe essere.

I BIMBI INFELICI di Matteo La Gatta, classe I E

C’era una volta un posto bellissimo, con tante montagne verdi che si affacciavano su limpidi laghetti circondati tutt’intorno da rigogliosi alberi e fiori colorati.

Il paesaggio era incantevole e comprendeva tanti villaggi dove abitavano persone molto povere che lavoravano tante ore al giorno per procurarsi un po’ di cibo per la sera.

Non lontano da questo posto, però, viveva un mago molto cattivo che aveva fatto un accordo con persone malvagie provenienti dai paesi più ricchi. Questo accordo prevedeva l’utilizzo di bambini di età diverse per la produzione di palloni da calcio in tutto il mondo. Il calcio, si sa, è uno sport molto amato, ma la verità è che, dietro quei palloni, si nascondeva il sudore e il sacrificio di tanti bimbi.

Il crudele mago, infatti, per arricchirsi sempre più, mandò i suoi uomini nei vari villaggi della regione per rapire i poveri bambini che giocavano per strada spensierati, al fine di schiavizzarli: dopo essere stati catturati, i bambini sfortunati venivano condotti nella fabbrica del mago, dove venivano sfruttati per svolgere questo assurdo e triste lavoro.

In fabbrica, giorno dopo giorno, i bambini assunti aumentavano sempre di più, fino a quando un giorno intervenne una fata che, sentendo i pianti soffocati dei bimbi, mentre tutti dormivano, entrò nella camera del mago. Si avvicinò a lui e, dopo aver pronunciato una formula magica, lo trasformò in un enorme pallone da calcio, mentre i suoi uomini presero le sembianze di palloncini gonfiabili che scoppiavano ripetutamente spargendo per la stanza migliaia di coriandoli colorati.

La fata, a quel punto, svegliò i bimbi perché assistessero divertiti a quello spettacolo; nel prato, invece, c’era il grande mago-pallone con il quale i bambini cominciarono a giocare. I bambini ringraziarono affettuosamente la fata per quello che aveva fatto e, finalmente, tornarono ad essere felici e spensierati perché il tempo è un gioco, giocato splendidamente dai bambini!

I TRE REGNI di Sara Di Pumpo, classe I F

In un tempo lontano, esistevano tre regni: il REGNO FORTE che si trovava a nord, il REGNO VELOCE che si trovava al centro ed il REGNO ASTUTO a sud.

Erano sempre in contrasto tra loro e ogni domenica si scontravano per disputare delle gare e proclamare il vincitore. Quando svolgevano gare di forza, vinceva il REGNO FORTE, in quelle di velocità vinceva il REGNO VELOCE e quando le gare erano di astuzia, ad avere la meglio era il REGNO ASTUTO.

In una domenica di maggio, le tre bellissime principesse, Fortene, Velocia, Astune, appartenenti ai diversi regni, decisero di incontrarsi per discutere dei sempre più difficili rapporti che si stavano creando tra i tre regni. Astune disse: “Ho sentito una leggenda che parla di una pietra dell’amicizia che si trova ai piedi del monte, a est”. Le ragazze dopo un lungo viaggio e varie avventure, riuscirono a recuperare la pietra, ma si accorsero che non dava gli effetti desiderati. Fortene allora disse: “Non è una pietra a far diventare amici i tre regni”. Astune aggiunse: “L’amicizia non nasce da una pietra, ma dal cuore”. I genitori delle ragazze, ad ascoltare quelle parole così profonde, si commossero e decisero di cambiare la loro condotta, così dopo qualche tempo, i tre regni si riunirono in uno solo chiamato: REGNO FELICE.

Questa fiaba spiega che l’amicizia non si misura da un talento come la velocità, la forza o l’astuzia, quando si è amici non importa da dove vieni o come sei fatto, ma è importante ciò che sei dentro.

LA FIABA DI SHAIRA di Denise Saliani, classe I G

C’era una volta una bambina di nome Shaira… ma questa non è una fiaba come le altre, perché la storia di Shaira è molto vicina ad essere una storia vera, anche se fiabesca.

Shaira è una ragazzina siriana. La sua vita scorreva tranquilla nella città in cui viveva da sempre la sua famiglia, Damasco. La città, chiamata: “Perla dell’Oriente” dall’imperatore romano Traiano, era la più antica capitale del mondo. Shaira seguiva la sua mamma per le viuzze affollate della città vecchia, piena di monumenti antichi, chiese cristiane, siriache, ortodosse, bizantine, moschee e sinagoghe, palazzi residenziali lussuosi e ben conservati dagli orgogliosi abitanti, cappelle, dorati mausolei di nobili principi e condottieri, negozietti di oggetti in ottone e mosaici di legno. Trascinata dalla mano della mamma, aveva imparato a conoscere e ad amare la sua città, al Fayha, la profumata: fragrante di spezie, erbe medicinali, cosmetici, sapone di Aleppo, essenze, marmellate dolci, colorata di fiori, rose, frutti secchi e tessuti damascati, stravaganti passamanerie, gioielli e splendenti bigiotterie.

Quando tutto era cambiato? Shaira non lo ricordava più… però le sembrava che quella fosse un’altra vita, vissuta tanti, tantissimi anni prima. Anzi, qualche volta le veniva il dubbio di non averla mai vissuta e che i suoi ricordi fossero solo residui di un bellissimo sogno.

Un solo episodio affiorava limpido alla sua memoria: il giorno terribile del “terremoto”. Lei lo chiamava ancora così, perché non si voleva arrendere all’idea che un colpo di mortaio le avesse portato via un fratello amatissimo e avesse fatto crollare una parte della sua casa, sventrando la cucina dove la sua famiglia era seduta a pranzare. Non sembrava possibile ciò che era accaduto, perché la città di Damasco non era presa dai ribelli e la vita sembrava ancora quasi normale. Ma da quel momento, i suoi genitori avevano pensato solo ad andare via dalla Siria, perché non sentivano più quella poesia che li aveva trattenuti nel loro Paese nonostante la guerra.

Così avevano intrapreso il pericoloso viaggio verso il mare. Il dolore della perdita del fratello per la bambina era stato un po’ attutito dalla conquista di un nuovo amico, un gattino maculato, che le si era avvicinato mentre stava lasciando la sua casa.

La vista del mare era stata un sollievo per tutti… eppure proprio allora sarebbe cominciata la vera odissea del loro viaggio. Intanto il gattino era stato chiamato Qadhifa, conchiglia, perché Shaira aveva trovato sulla spiaggia una conchiglia proprio degli stessi colori. Anche allora aveva avuto paura. Aveva visto suo padre pagare dei brutti tipi per poter partire. Ma quelli avevano assicurato che sarebbero arrivati in Italia e avevano detto che gli Italiani salvano tutti. Tuttavia, di fronte a quel canotto strapieno di gente impietrita dalla situazione, nella notte buia, aveva visto lo sguardo perplesso dei suoi genitori, che comunque erano saliti lo stesso, spinti in malo modo da quella gente senza scrupoli.

In alto mare, le onde nere avevano iniziato a farsi più minacciose, il vento più sostenuto. C’era chi si sentiva male e chi piangeva. I genitori cercavano di restare calmi per non accrescere la paura dei propri figli. Nel canotto entrava acqua. Molti si affannavano a cacciarla fuori come potevano, compreso il padre di Shaira, che era capitato sulla parte esterna dell’imbarcazione. Così, all’arrivo di quell’incredibile onda, che sembrava un muro d’acqua, accadde che gli uomini che erano da quel lato persero l’equilibrio e caddero in mare. E, assurdamente, altri si spinsero di là per tentare di afferrarli con qualsiasi sistema, ma non ci fu verso. Furono i primi a trascinare i loro parenti negli abissi in un abbraccio mortale. Per questo Shaira, senza capire cosa stava succedendo, si trovò da sola, quando finalmente il canotto fu sospinto dalla tempesta nelle acque italiane. Gli Italiani salvano tutti… l’aveva detto il suo papà… ed era stato vero. Lei si sentì abbracciare e sollevare dalle mani forti di un uomo in divisa, sì un soldato che non uccideva e non portava neanche armi… e poi l’aveva presa una donna che l’aveva riempita di parole che non capiva, ma che suonavano dolci alle sue orecchie frastornate. Piangeva mentre scendeva da quella scala metallica sulla terraferma. Pensava ai suoi genitori in fondo al mare, alle speranze che avevano riposto in quel viaggio e al loro sogno di darle una vita migliore. La tristezza e il dolore, la solitudine, la nostalgia per la sua terra sembravano essere insopportabili… eppure cominciava già a capire qualche espressione di quelle che sentiva intorno a sé. La donna, che era stata con lei, continuava a sussurrarle dolcemente parole e parole… e quel suono le dava conforto. Quello che accadde, nei giorni successivi non lo comprese allora. Nei mesi seguenti fece di tutto per impossessarsi di quelle parole, di quella nuova lingua, attraverso cui raccontò cosa le era successo e la storia della sua famiglia, la scomparsa dei suoi amati indimenticabili genitori. Riuscì pure a capire l’amore di chi l’aveva accolta e sostenuta nei suoi giorni più bui, considerata dal primo momento come una figlia. Ora Shaira sa… sa che ha di nuovo una famiglia, che vive in una terra bellissima chiamata Sicilia e che il sacrificio dei suoi genitori l’ha salvata dalla terribile guerra che tuttora infuria nel suo Paese.

 

 

Prof. ssa A. Castrignanò